Il viaggio aereo per la Namibia è lungo: non esistono voli diretti, bisogna fare transito a Johannesburg. Mentre si sorvola l'arido bush del Kalahari l'Africa si presenta nei nomi delle città che compaiono sulle mappe. Le nostre moto hanno invece viaggiato per mare e ci aspettano nei pressi dell'aeroporto.
Attraversiamo la capitale Windhoek, una bella cittadina di 160 mila abitanti, linda e ordinata con ampi spazi verdi. Cominciamo ad abituarci alla guida a sinistra, lo scarso traffico non ci preoccupa.
Inizia la lunga cavalcata verso sud. La strada è interminabile, per l'assenza totale di curve si guida immersi nei propri pensieri: siamo ben lontani dai ritmi sostenuti dei soliti giri domenicali. Stiamo abituandoci agli spazi e al silenzio: solo il vento e il rumore dei motori tra noi e l'orizzonte.
In un'atmosfera da paesaggio alieno visitiamo un boschetto di alberi faretra, o kokerboom, una delle peculiarità della flora del paese. La pianta più notevole della Namibia è la Welwitschia: è costituita da due strane foglie frastagliate a livello del terreno, e il mistero avvolge la sua età e le modalità di riproduzione.
Il punto più a sud del nostro viaggio è Ai-Ais, un'oasi con sorgenti calde in una vallata nascosta. In questa regione il Fish River forma uno spettacolare canyon profondo oltre 500 metri, tra i più maestosi del mondo. Assaporiamo il paesaggio nella totale assenza di tracce di attività umane.
Si sosta ad Aus per il pranzo nel Banhof Hotel, che è l'unico locale sull'unica via del paese. Questo paesino posto in mezzo al nulla, dall'aria di città fantasma, nacque come campo di prigionia per i soldati tedeschi che durante la prima guerra mondiale si arresero agli inglesi e sudafricani.
Costeggiamo il deserto sabbioso e le zone diamantifere per arrivare all'Atlantico. Il paesaggio cambia, e la temperatura si abbassa drasticamente. Raggiungiamo Luderitz, porto di pescatori: la costa è pescosissima, grazie alle correnti fredde di origine antartica. Purtroppo non abbiamo azzeccato la stagione delle aragoste...
L'architettura della cittadina è squisitamente nordica, sembra di essere in un paesino del mare del nord. In cima alla collina l'agile profilo della chiesetta luterana domina le case in stile bavarese. Solo la popolazione, con la sua pelle scurissima, ci ricorda che siamo sotto il tropico del Capricorno.
Nel 1908 nei dintorni di Luderitz fu scoperta una delle più ricche zone diamantifere del mondo. Kolmanskop fu fondata per alloggiare le maestranze e i dirigenti, ed era dotata di locali pubblici con tanto di casinò. Ora è una città fantasma e la sabbia ha ripreso il possesso delle strade e delle stanze a pianterreno.
Ritornati verso l'interno abbandoniamo l'asfalto inoltrandoci verso il Namib. Le piste sono ampie e ben battute, c'è solo il rischio di imbattersi improvvisamente in tratti di terra soffice. La polvere che stenta a posarsi obbliga a viaggiare molto distanziati.
Il paesaggio all'interno è corrugato e con la vegetazione (il bush) tipica del Kalahari. Incontriamo solo rade fattorie, con un po' di verde grazie ai pozzi muniti dei caratteristici mulini a vento. Come sempre in Africa, capita anche di incontrare qualcuno a piedi sulla pista, diretto non si sa dove.
Al tropico il tramonto è breve, ma è un momento magico: un fuoco dai colori indescrivibili fa avvampare la vegetazione, accompagnato da un grandioso concerto di volatili. Da godere con una birra in mano, e la birra namibiana è ottima e certificata in Germania...
E finalmente raggiungiamo il cuore del parco del Namib, la méta di quanti visitano il paese. Sossusvlei è una laguna arida, il luogo dove il fiume Tsauchab termina il suo percorso diretto verso il mare, interrotto da sessanta chilometri di dune, le più alte del mondo che formano i più antico di tutti i deserti.
Il paesaggio lascia senza fiato per l'ampiezza dei luoghi, ma sopattutto per i colori della sabbia, che nella prima luce dell'alba vanno dal dorato al rosso cupo. Si scattano tante foto, che non renderanno giustizia a tanta maestosità. Ma il ricordo resterà a lungo indelebile.
La prossima località di sosta si chiama Solitaire ed è orgogliosamente segnata sulle mappe. è costituita da una stazione di servizio e dalla casa del gestore, e non si intravedono luoghi abitati nelle vicinanze. Le liti tra vicini non devono essere frequenti...
Ancora un paesaggio diverso, stavolta roccioso. Attraversiamo antiche catene di montagne e canyon scavate da fiumi che vediamo completamente asciutti. Le prossime destinazioni sono ancora sul mare: Walvis Bay e Swakopmund. L'orizzonte si distende in una pianura che preannuncia l'Atlantico.
Se Luderitz potrebbe essere un paesino del mare del nord, Swakopmund è una cittadina bavarese che per magia è stata trasportata sulle rive dell'Atlantico australe. Un hotel ricavato dalla monumentale stazione ferroviaria. Coffee shop in cui vecchiette tedesche e matrone Herero in incredibili crinoline consumano fette di Schwartzwald-Torte.
A nord di Swakopmund inizia la Skeleton Coast, la parte più inospitale del paese. Tristemente nota per i naufragi dovuti alla nebbia e alle bonacce, prima che venissero scoperte le rotte in pieno oceano. A Cape Cross una croce in pietra posta dai Portoghesi nel 1486 fu riscoperta solo quattrocento anni dopo.
Ritorniamo verso l'interno, con la sensazione che ormai il viaggio si avvia al suo termine. Passando accanto alla miniera a cielo aperto di Rossing, con un brivido apprendiamo che proprio qui fu estratto l'uranio utilizzato per l'atomica di Hiroshima...
Gruppo di donne Herero nei caratteristici costumi, copiati dai vestiti dell'era Vittoriana. Solo poche etnie (tra cui gli Himba, i più isolati) conservano vestiti e abitudini tradizionali. La popolazione è variegata, ai nostri occhi spiccano i Basters, con evidenti ascendenze boscimani: pelle giallastra e occhi stranamente allungati.
L'ultima tappa del viaggio, prima del rientro a Windhoek, è il parco Etosha. All'entrata del parco il fortino di Namutoni (ricostruito per i turisti), dove nel 1904 una decina di soldati del kaiser abbozzarono una resistenza all'assalto di 500 guerrieri locali.
Il parco Etosha si estende attorno ad una immensa depressione occupata da un lago salato (il Pan). Molte varietà di animali si abbeverano nelle pozze di acqua dolce che circondano la depressione. A bordo di pulmini (le moto sono ovviamente vietate!) visitiamo la riserva. Molto bella, ma ormai il viaggio è terminato e sentiamo la sottile malinconia del ritorno.